Pongo
Agli inizi del 1600, un medico olandese di nome Jacobus Bontius scrisse di scimmie selvatiche chiamate Ourang Outang, che in lingua malese significa “uomo della foresta”. Questo termine veniva usato, fino al XIX secolo, per riferirsi a tutte le scimmie antropomorfe.
I primi esploratori che si avventurarono nelle giungle asiatiche ed africane raccontavano di incontri con feroci creature, molto simili agli umani. Questa incredibile somiglianza non passò inosservata ai naturalisti dell’epoca, che collocarono le grandi scimmie appena sotto gli umani nella Scala Naturae, la “grande catena dell’essere”, una sorta di scala divina che separa gli esseri superiori da quelli inferiori.
Pongo pygmaeus e l’uomo condividono il 97% del DNA, ma non solo. L’utilizzo di strumenti e la comunicazione tra i membri del gruppo sono forse tra le sue caratteristiche più affascinanti e sicuramente quelle che più di tutte lo rendono più simile a noi.
L’orango comunica con i suoi simili con gli altri individui con dei versi simili a grida umane, per delineare i confini territoriali o per mettere in guardia il proprio gruppo dai pericoli; è stato studiato, inoltre, che questo primate è in grado di programmare gli impegni del giorno seguente. Utilizzano bastoncini e rametti, lavorati a seconda dell’utilizzo con mani e denti, per catturare le termiti o aprire i frutti di un albero.
Negli ultimi anni, in seguito alla crescente richiesta di olio di palma, gran parte delle foreste del Borneo che ospitavano questa meravigliosa creatura sono state sostituite da estese piantagioni di olio di palma, molto utilizzato nel settore alimentare, della cosmesi o come bio-carburante. La riduzione della superficie forestale, spinge l'orango verso aree agricole alla ricerca di cibo, dove viene spesso ucciso dagli agricoltori locali o dove, fuori dal suo habitat, diventa facile preda dei cacciatori di frodo che ne vendono la carne illegalmente.